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non ci sono che fotografie.

cantava nell'81 claudio baglioni. e di fotografie vorrei scrivere.
chi ricorda i vecchi cassetti, molto spesso di qualche armadio altre volte del controbuffet in soggiorno, ancorchè in sala da pranzo? quei cassetti che poche volte si aprivano, in genere o per prendere il mastodontico (in base alle città di residenza) elenco telefonico oppure per mettervi dentro qualche fotografia da poco sviluppata. i più ordinati le mettevano, prima di riporle nel cassetto "della dimenticanza", in portafoto a libricino, in pura plastica, ma che garantiva la durata infinita della foto. a dire il vero a volte, quando le foto erano ancora "fresche di stampa", accadeva che s'incollassero all'interno della taschina di plastica, ma tant'è, bisognava custodirle in modo che nessuno poteva metterci "le dita sopra".
poi accadeva che veniva a far visita alla famiglia quel parente o quell'amica di mamma "che non vedeva da un secolo" e allora, magicamente, quel cassetto veniva aperto e restituiva i ricordi in immagini che per ognuno di essi si faceva su un discorso lungo come la divina commedia.
"qui eravamo andati a trovare la sorella della nonna…. che risate quel giorno", "anche quella volta abbiamo camminato tanto senza neanche fermarci al lido", "quando fa la faccia imbronciata, mi da i nervi…", "qui si vedeva che era ingrassata.."
erano frasi dettate dal un ricordo nitido, che vedevi davanti ai tuoi occhi e che potevi mostrare, magari a colori se avevi risposto di no alla richiesta del fotografo se volevi le foto in bianco e nero. eh già, c'era pure questo particolare. vi ricordate i rullini? una volta erano in bianco e nero o a colori. il bianconero costava meno, sia il rullino che la stampa. quello a colori, a fronte di un esborso maggiore, ti faceva apparire, se non sbagliavi la foto, il mondo così com'era. cosa che non faceva neanche la televisione, ancora legata al bianco e nero.
una volta, il secolo scorso, non andavi ad una gita, al mare, al lago o in montagna senza la macchinetta fotografica. alfa, kodak, fuji, non importava la marca, l'importante era averne una con se, in modo da poter scattare una foto. o un rullino intero. si facevano foto, in genere in posa, per poi poterle mostrare. quando le avevi fatte "sviluppare" (in realtà si sviluppava il rullino e si stampavano le foto, ma in gergo…), non vedevi l'ora di mostrarle. per condividere i momenti trascorsi e automaticamente condividevi il tempo che occorreva a guardarle. erano, le foto, degli oggetti socializzanti. ci si passava del tempo con esse, insieme ad amici e parenti.
ora quei cassetti, tendono a sparire, a non esistere più. sopravvive ancora qualcuno in casa di qualche persona che ha superato gli anta. nelle case delle giovani generazioni, non esistono. i loro ricordi "fotografici" sono custoditi in qualche hard disk o su di un cloud, sempre a disposizione e visibile da qualunque device, ferme lì a prender polvere (;-) perchè nessuno le guarda mai.

il tanto.

c'è gente che non si risparmia. che vive per fare, per dare, per essere. sono più rari rispetti alle altre due categoria, ma quando incontri una di queste persone, vale per mille delle altre due specie.
si propongono, inventano, risolvono, ti fanno sentire piccolo piccolo e non puoi far altro che ammirarli. davanti ad una montagna, non si perdono d'animo, la scalano.
in un gruppo sono quelli che si mettono meno in luce, non hanno tempo per i palcoscenici, loro devono fare. sono i più silenziosi, quasi gelosi della propria parola. come se far uscire i propri pensieri, indebolisca o renda meno capaci.
a loro va tutto il mio rispetto. li ammiro oltremisura e cerco d'imparare da costoro.

il poco.

poi ci sono delle persone che sono in quella categoria che io chiamo "il poco". queste sono riconoscibili perchè il loro agire non è mai tale da raggiungere grossi risultati. è come se avessero un piede sull'accelleratore e l'altro sul freno.
mai impegnati fino in fondo. della serie "basta timbrare il cartellino". loro fanno ma sono come un bicchiere, non mezzovuoto, solo con qualcosa ancora sul fondo.
possono risultare più difficili da digerire rispetto ai nulla, ma è innegabile che rispetto agli altri, qualcosa sono. danno sui nervi perchè non ti spieghi come mai si fermano ad un certo punto. come dire, cincischiano. nella classica scenetta dove "uno lavora e cinque guardano", questi fanno parte dei cinque. sono quelli che non hanno mai le mani veramente sporche.
e come per i primi, ho difficolta ad interagire con questi. ma ci convivo, perchè sono la maggioranza.

il nulla.

ci sono persone che mi appaiono con la consistenza della nebbia. impalbabili, inutili e fastidiose. come la nebbia sono convinte di avere un perchè e un'utilità.
non so se si sbagliano. probabilmente si o forse no, non so. fatto è che mi risultano indigeste. come le mosche di esopo. e per di più fastidiose.

però non devo pensare negativo. ci sarà pur una ragion d'essere per costoro. ed allora provo e mi propendo verso esse, per capirle per apprezzarle. ma mi ritrovo a vagare nella nebbia. a tastoni cerco un appiglio e non lo trovo. allora ci rinuncio. mi dispiaccio per il tempo perso e vado oltre, consapevole di essere io quello sbagliato. quello che non riesce ad interagire con le nullità.

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